Carmen Bohórquez Morán
Discorso in occasione del
ricevimento del
Premio
Internazionale per la Filosofia Karl-Otto Apel
Quarta
Edizione, 2010
Sabato, 18/09/2010 - Diamante
(provincia di Cosenza) - Italia
“La Filosofia è stata e, in più di un’occasione
storica, ha avuto il compito di essere
messaggera dell’inizio, principio di una
mutazione storica per una presa di coscienza
radicale dell’esistenza proiettata nel futuro”.
Augusto Salazar Bondy
Viviamo un presente caratterizzato dal rinnovo
di vecchie forme di dominio politico, economico,
culturale e militare che, a differenza delle
forme storicamente conosciute, hanno raggiunto
dimensioni che hanno messo alla prova i limiti
della ragione, compresi quelli riguardanti la
specifica condizione umana. Dal 1989 assistiamo
ad una drammatica riorganizzazione del potere
nel mondo; alla riorganizzazione di un potere
che si caratterizza, per quel che riguarda
l’ordine politico ed economico, per il crescente
controllo che gli Stati Uniti esercitano sugli
organismi di rappresentazione internazionali e
sul sistema finanziario mondiale; alla
riorganizzazione di un potere che si
caratterizza, per quel che riguarda l’ordine
militare e l’egemonia su cui si regge, per la
derivazione dei confronti diretti tra le potenze
con azioni provocatorie, ingiustificate e
impunite contro paesi terzi, in generale del
Sud; non da ultimo: alla riorganizzazione di un
potere che si caratterizza per la capacità dei
potenziali di distruzione di massa sviluppati
per mantenere tale egemonia e per aver fatto del
terrore l’arma più efficiente di dissuasione e
di subordinazione incontestabile per il
raggiungimento dei propri fini.
Dall’altro e in riferimento alla sfera dei
valori e delle forme di socievolezza, si cerca
di legittimare ideologicamente questa strategia
a partire da un’unilaterale ridefinizione di
parte dei concetti fondamentali sui quali è
stata costruita la società moderna
–
concetti come democrazia, libertà, sicurezza,
bene comune; il tutto costituisce il reale
sfondo del crescente processo di globalizzazione
e del suo correlato ideologico legittimatorio:
il neoliberalismo, che comincia ad estendersi
trionfalmente a partire proprio di lì, erigendo
a stendardo l’irrazionale affermazione della
fine della storia.
In quello stesso anno 1989, il 27 febbraio, dal
profondo del Venezuela si alzava il primo grido
contro ciò che si presentava come la
irreversibile ed universale apoteosi del
capitalismo. Dalle colline di Caracas avanzò la
riscossa per le vittime causate dal piano
criminale neoliberale che l’appena inaugurato
presidente Carlos Andrés Pérez, su disposizioni
del Fondo Monetario Internazionale, aveva
portato a termine in pochi giorni. La
repressione del movimento popolare causò 3.000
morti, ma restituì al paese venezuelano la
coscienza della sua forza storica e il diritto
di decidere il proprio destino. Tre anni più
tardi, un’insurrezione militare, realizzata da
giovani ufficiali e guidata da Hugo Chávez Frìas,
si sommò a questa esigenza di giustizia e, anche
se non riuscì nel suo intento, aprì la porta
alla speranza collettiva e il varco al processo
di costruzione del potere popolare che a partire
dal 1998, con la vittoria di Hugo Chávez nelle
elezioni presidenziali dello stesso anno,
divenne forza crescente reale a tutti i livelli
del governo del Venezuela bolivariano.
Come uscenti dalla lunga notte degli imperi
coloniali, anche altri paesi della nostra
America emersero in egual modo dalla loro
alterità storicamente negata per esercitare il
loro diritto a costruire un altro tipo di
società, un altro modo di guardare il mondo,
un’altra forma di riferirsi al prossimo; una
forma diversa da quella dettata dall’impero del
dollaro e dal saccheggio dello sfruttamento
praticato dagli agenti di quel potere
neoliberale. Basti dire che il solo inizio
dell’esercizio di questo diritto, in teoria un
diritto universale, ha scatenato l’ira
imperialistica e la recrudescenza delle sue
secolari minacce: ricatti, blocchi e perfino
interventi diretti e colpi di stato contro quei
governi che tendono ad agire autonomamente in
funzione della costruzione di un’alternativa
sovrana di vita. Con situazioni non meno gravi
si vedono confrontati altri popoli nel mondo, in
modo particolare il mondo arabo, al punto di
doversi immolare in difesa della propria cultura
e della sovranità oppressa dalle stesse forze
imperiali.
Il potere imperiale e la resistenza popolare
costituiscono, dunque, a nostro giudizio, i poli
entro i quali oggi ci giochiamo il destino
dell’umanità; questa dicotomia vitale non può
essere estranea ad un pensare filosofico che si
vanti di essere tale. Ci dichiariamo filosofi
rimettendoci o, meglio, partecipando alle lotte
di liberazione dei popoli, e, come tali, siamo
obbligati ad assumere la sfida di contribuire
allo smascheramento della supposta legittimità
dell’ordine internazionale attuale e di pensare
alternativamente ad un mondo controllato da
forze imperialiste che – per assicurarsi
l’egemonia su scala planetaria - giustificano
lo sterminio di paesi interi con l’invocazione,
unilaterale, di parte, di un nuovo termine di
controllo e di dominio; il termine usato è:
terrorismo.
Poiché non ci sono dubbi che con questa sfida ci
giochiamo non solo il senso stesso del soggetto
uomo, ma anche la sopravvivenza della specie
umana, siamo altresì convinti che è necessario
ed urgente un appello universale alle forze del
pensiero ed alle risorse culturali dei paesi,
per organizzare quello che non è esagerato
chiamare la difesa unita dell’umanità.
Una difesa che non può essere solo mera
resistenza, ma che sia capace di trasformarsi in
strategia organizzata di contrattacco; una
strategia che implichi la concertazione di tutte
le forze su cui contano i paesi, in funzione
anzitutto dell’obiettivo fondamentale di
invertire questo processo di annichilimento
fisico e spirituale al quale conduce questo
demenziale progetto capitalistico ed
imperialistico e costruire collettivamente il
mondo così come dovrebbe essere. E tra la
molteplicità dei campi in cui bisogna sferrare
questa battaglia, quello delle idee è uno
degli scenari fondamentali.
Nella costruzione di un mondo diverso da quello
odierno, in Venezuela abbiamo optato chiaramente
per il socialismo che per noi non è altro che un
umanesimo. Parimenti abbiamo optato, come già
rilevato, per una filosofia che fa sua la causa
dei popoli, comprendendola come un’attività
teorica che non può prescindere dal suo essere
vincolata ad una prassi costruttrice di realtà;
costruttrice, cioè, di una società giusta che
garantisca a tutti il pieno soddisfacimento dei
propri diritti essenziali ed il pieno sviluppo
delle proprie potenzialità creative.
La nostra epoca e le condizioni nella nostra
America sono differenti da quelle di altre
epoche e da quelle di altre condizioni storiche.
La nostra storia è stata sempre una storia di
lotta contro forze straniere negatrici della
nostra specificità culturale ed umana; e il
filosofo sorto da questa situazione è un
filosofo che è obbligato a riflettere sulle
forme di dominio. Ciò esige, da parte nostra,
un’articolazione organica con quei settori
sociali che si organizzano anche in forma di
resistenza contro le forme di dominio; ciò
esige, congiuntamente, lo sviluppo di un
pensiero creativo autenticamente rivoluzionario
che si alimenti di due fonti altrettanto
fondamentali: quella del sapere accumulato
dall’umanità durante la sua storia e quella
delle esperienze popolari che legittimano,
discutono e rinnovano questo pensiero
creativo-rivoluzionario.
Coscienti di questo scenario e della
responsabilità che ci vede artefici di una nuova
società in costruzione, il governo della
Repubblica Bolivariana del Venezuela, attraverso
il Ministero del Potere Popolare per la Cultura,
si è assunto il compito di aprire a spazi di
dialogo con altre realtà culturali per stimolare
lo sviluppo di un pensiero critico che ci aiuti
allo schiarimento e alla soluzione delle ingenti
sfide che tale compito implica.
Vanno in questa direzione l’istituzione nel 2005
del Foro di Filosofia, la creazione dell’Ufficio
Coordinatore della ‘Rete di Intellettuali ed
Artisti in Difesa dell’Umanità’ e, parimenti,
l’organizzazione di incontri periodici dei suoi
membri; entrambe le istituzioni affrontano temi
e problemi della nostra realtà nel contesto
politico ed economico mondiale con riferimento
particolare alla nostra situazione bolivariana.
La natura specifica di questi problemi (e
affrontarli significa farsi carico di una
coscienza critica) ha messo in evidenza la
necessità di coniugare la prospettiva interna
con la prospettiva esterna; prospettive che, in
sintonia con gli obiettivi emancipativi che
persegue il processo bolivariano, ci
permettessero di vedere meglio e più
obiettivamente gli ostacoli che dovevamo
superare durante il percorso di trasformazione
radicale della nostra società. Nacque così il
Foro Internazionale a cui partecipano pensatori
di tutta la nostra America e di altri
continenti; pensatori che, accanto ai nostri ed
in contatto diretto con le proprie comunità,
contribuiscono con la loro riflessione ad
accelerare il cammino intrapreso.
Fondamentalmente, l’obiettivo che persegue il
governo venezuelano, attraverso il suo Ministero
per la Cultura, con la realizzazione di questi
Fori, con gli Incontri di Intellettuali ed
Artisti in difesa dell’Umanità e con la
creazione del Premio di Liberazione per il
Pensiero Critico che è giunto alla sua quinta
edizione, è quello di promuovere una vera
cultura critica che contribuisca allo sviluppo
di una nuova coscienza che è il presupposto di
ogni processo rivoluzionario; promuovere una
riflessione che tenga effettivamente conto della
realtà che abbiamo di fronte; di quella realtà
della disinformazione, della manipolazione e
della cultura della menzogna che i mezzi di
comunicazione di massa propagano nel mondo
attuale; contribuire, altresì, alla
trasformazione radicale della propria filosofia
e della cultura in generale come strumento
critico per il cambiamento sociale; tutto ciò in
stretta articolazione con la dinamica sociale
rivoluzionaria del Venezuela di oggi e nel
dialogo permanente col paese che sta portando
avanti questa rivoluzione. In questo senso, il
Foro della Filosofia si dispiega all’interno del
paese, dalle comunità alle piazze pubbliche e ai
nuclei di sviluppo endogeno, dalle università ai
quartieri. L’inizio fu a Caracas e in sei
aree
del paese; oggi esso copre 24 aree del paese;
di modo che, almeno un giorno all’anno, in
Venezuela, si possono realizzare in
contemporanea 24 Fori di Filosofia.
Oggi, all’inizio del XXI secolo, l’asse della
storia dell’umanità si è spostato nell’America
Latina, tant’è che è in questo continente che si
stanno attuando i cambiamenti storici più
importanti delle ultime decadi e le proposte più
originali di trasformazione sociale; il che
spiega le inasprite minacce ed i secolari
interventi diretti sul continente dall’impero
statunitense; oggi, cosa ancora più grave,
l’umanità si trova per la cieca e suicida
ambizione imperiale ai margini stessi di una
guerra nucleare, come il Comandante Fidel non si
stanca di far presente, per cui non solo non ha
senso la secolare separazione tra pensiero e
prassi, ma è di massima urgenza l’unione attiva
di tutti gli intellettuali con i movimenti
popolari di resistenza agli oltraggi imperiali,
nonché il lavoro di costruzione di progetti
veramente emancipatori.
Se tutto il lavoro che abbiamo intrapreso
contribuisce a consolidare questa coscienza e ad
avanzare nel processo di decolonizzazione dello
spirito e della cultura, chiave fondamentale
nella lotta collettiva dei paesi per
l’affermazione della loro sovranità, la
rivoluzione bolivariana sta compiendo, oltre
alle azioni di cui deve farsi carico in
relazione alle particolari condizioni del nostro
Venezuela, il dovere etico a cui tutte e tutti
stiamo chiamati, che è quello di unirsi per una
battaglia che deve diventare mondiale: la
battaglia per il superamento radicale del
sistema più distruttivo e criminale che è
esistito nella storia mondiale; per la
costruzione dell’unica strada possibile
attraverso cui l’umanità potrà liberarsi e
salvare se stessa ed il pianeta: la strada del
socialismo.
Per quanto qui detto, accogliamo questo premio
non a titolo personale, ma a nome di un paese in
rivoluzione, a nome del governo bolivariano,
nome che quel paese ha dato a se stesso; lo
accogliamo a nome del leader di quel governo e
di quella rivoluzione, il Comandante Hugo Rafael
Chávez Frìas ed a nome anche di tutti i paesi
che stanno costruendo la loro rivoluzione nella
nostra America. Solo con la rivoluzione e solo
con un governo davvero rivoluzionario è
possibile promuovere un pensiero critico, così
come sta facendo il governo venezuelano.
Grazie al Centro Filosofico Internazionale
Karl-Otto Apel che ha voluto riconoscere questo
nostro sforzo.
Traduzione di Michele Borrelli
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