È
possibile un ritorno al pensiero? Un ritorno al pensiero
pedagogico? C’è ancora un pensiero all’interno del quale si può
argomentare in termini di senso? In verità e,
fuori mercato, non
sono mancati e non mancano esempi del passato e del presente per
il recupero, almeno in parte, della perduta
semantica pedagogica.
Semantica che si dispiegava all’interno del mondo umano e del
rapporto umano con le cose o con la natura. Genere umano e
natura sono stati da sempre gli elementi ineludibili di ogni
paideia. Per quanto
riguarda il mondo umano o dell’uomo, si pensi, per esempio, alla
cura di sé e al
conosci te stesso di Socrate. La cura di sé è da Socrate
intesa come cura dell’anima, guarire, cioè, dal
male morale. Curando l’anima, si diventa
virtuosi. Quale la via che permette la cura dell’anima? Per Socrate
l’unica via è quella
discorsiva, il ragionamento. Nei dialoghi
socratici si nota la
centralità assegnata all’analisi dei
concetti morali o delle singole
virtù morali:
giustizia, saggezza, pietà, temperanza, ecc. Socrate, attraverso
il dialogo, cerca le
essenze di questi concetti morali con l’obiettivo di poter
definire che cos’è il bene.
La cura dell’anima è la ricerca del bene. Saper distinguere tra
ciò che fa bene e ciò che fa male. Se non si conoscono le virtù
morali, come possiamo pensare di comportarci bene? Si può notare
che questa ricerca si snoda nella dialettica tra interrogante e
interrogato. La paideia
socratica è riflessività nel confronto con l’alterità.
Si può ben supporre che senza questa alterità
interrogante-interrogato non c’è verità perché viene a mancare
la base sulla quale si erge la stessa ricerca. Per cui, si può
senza ombra di dubbio supporre che in Socrate la cura di sé è,
da un lato, apertura al
sé (alla propria anima
e alla cura della propria anima) e, dall’altro
apertura all’altro
da sé. E la fenomenologia della
riscoperta delle cose (da Husserl ad Heidegger) fino al
volto di Lévinas, sono esempi odierni di come l’alterità
costituisca un possibile percorso di senso di una umanizzazione
che è progressivo recupero di riflessività (auto-riflessività e
riflessività in generale), piuttosto che recupero di empiricità;
riscoperta delle cose,
piuttosto che dominio
sulle cose. La scienza empirica, il cui dispiegarsi ha
significato, a poco a poco,
una sua totale trasformazione in tecnica per passare dal
dominio dell’uomo sulla natura al dominio dell’uomo sull’uomo,
ora – come se avesse i poteri di una forza autonoma indipendente
– è, addirittura, a un passo forse dall’assoggettare e
sottomettere alle proprie leggi e al proprio dominio l’uomo
stesso. L’idea di paideia ha significato da
sempre non dominio, ma
libertà nel rispetto
dell’altro e delle cose.
Non
daremo, quindi, risposte alla
paideia (all’humanitas
e alla Bildung) se continuiamo a seguire – per ragioni di rigore
scientifico – il logos
empiristico della verità. A questo
logos dobbiamo
affiancare necessariamente il
logos riflessivo, quel
concetto di ragione che va da Kant a Max Horkheimer e Theodor
Adorno e che non si accontenta del
cosa posso sapere
(cosa è vero o
falso), ma che, allo
stesso tempo, si interroga sul
come mi devo comportare,
su che cosa è giusto o
ingiusto, su che cosa
posso sperare. L’ultimo
logos, come sappiamo
da Kant, non è l’abbandono del razionalismo e la ripresa di
qualche teologismo. È la ragione umana che spinge agli
interrogativi che riguardano la moralità e il poter e saper
sperare nel senso delle cose e di noi stessi. È l’uomo nella sua
integrità che cerca di dare senso a se stesso e alle cose. Quel
concetto di Sorge di
cui parlava Heidegger, non era e non è altro che il senso che i
latini davano al concetto di
cura, e il termine
Sorge, analogamente alla semantica latina, conserva anche un altro
aspetto: la preoccupazione.
La preoccupazione per le cose in generale e per l’Altro in
particolare: l’Altro da te include sempre il
me. Cura e
preoccupazione per l’Altro e
per le cose; questo
principio di responsabilità per l’Altro che include il “me”,
essendo io per l’Altro quello che l’Altro è per “me”.
Michele Borrelli, Il
tramonto della paideia in Occidente
(Pellegrini Editore, 2013), pp. 78-79.