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Saggio del
Prof. Michele Borrelli presentato come relazione al dibattito
sul libro «Fratelli di sangue» di Nicola Gratteri e Antonio
Nicaso, promosso e organizzato dal Centro Filosofico
Internazionale Karl-Otto Apel (Onlus), in collaborazione con la
parrocchia di Acquappesa e le scuole e le istituzioni del
territorio, e tenutosi il 4 giugno 2007 presso la Sala Congressi del Grand Hotel
delle Terme (Acquappesa).
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L’illegalità dilaga con effetti distruttivi sul singolo e sulla
collettività. Non cogliamo la gravità del problema se parliamo di fenomeno illegalità, in quanto non ci troviamo solo davanti a
singoli fenomeni di criminalità e violenza spesso inaudita, davanti alla
guerra tra bande, cosche e singoli criminali. Siamo, ovviamente, anche
in presenza di tutto ciò.
Il motivo che ci vede qui raccolti non è
l’analisi di singoli casi. A singoli casi si possono trovare le risposte
giuste anche in tempi relativamente brevi per il corso che può sembrare
comunque sempre lento della giustizia. Le risposte sono difficili,
invece, e possono risultare addirittura anche impossibili o inutili e
possono non da ultimo scoraggiare la stessa giustizia e noi tutti come
singoli cittadini, laddove siamo in presenza di una criminalità, di una
illegalità e di una violenza che sono diventate parte strutturale
o sistemica. In quanto forme strutturali e del sistema,
l’illegalità, la violenza e la criminalità si trasformano esse stesse in istituzioni. Criminalità e politica, criminalità ed economia
vivono e convivono, a quel punto, in una simbiosi che non lascia
alternative alla legalità.
Se la criminalità si eleva a struttura (e questo è dimostrato dai dati
della dettagliatissima analisi che Nicola Gratteri e Antonio Nicaso offrono ai lettori nel loro libro Fratelli
di sangue), dobbiamo passare da una risposta individuale,
fenomenico-episodica ad una risposta sociale generale; ad una risposta
di legalità che, almeno a lungo raggio, trovi lo spazio per farci uscire
dal labirinto buio della giungla in cui siamo sprofondati e che riesca a
farsi a poco a poco strada e riguadagnare almeno gradualmente sempre più
terreno all’interno di quelle stesse strutture che hanno trasformato la
legalità in corruzione e la corruzione in criminalità. |
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Che non
ci siano dubbi: per questo lavoro siamo chiamati in causa tutti. È
facile dire: dov’è lo Stato? Dov’è la giustizia? Con altrettanta
facilità si potrebbe chiedere: dov’eri tu quando la criminalità si
organizzava e bussava alle tue porte? Dov’eri tu quando tuo figlio
entrava in questa o quell’altra organizzazione di criminali?
Perché hai vissuto nell’omertà e convivi tuttora con e nell’omertà?
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Nessuno può
sfuggire all’appello che la legalità deve essere difesa da ognuno di noi
e non solo dalle forze dell’ordine; si tratta, infatti, di difendere il
bene comune a cui tutti vogliamo partecipare e a cui tutti noi abbiamo
diritto di partecipare; si tratta allora di difendere i diritti di
ognuno e quindi anche i nostri stessi diritti; si tratta, non da ultimo,
di difendere i princîpi di giustizia e di libertà sui quali si basa ogni
forma di convivenza democratica e il futuro dell’esistenza nostra e
quella delle generazioni future. A questi diritti si lega il dovere di
impegnarsi per la legalità e di coltivare il senso della legalità. Il
motto “Ammazzateci tutti”, dei ragazzi di Locri, è un segnale vero,
forte, un segnale da difendere da tutti noi e dalle istituzioni.Vivere
la legalità è un principio ed un impegno; è un atteggiamento anche e
forse soprattutto mentale. Dove questo principio viene meno, avanza
l’indifferenza; l’indifferenza verso la criminalità si traduce in
omertà, in ultima analisi in accettazione; l’accettazione diventa
convivenza. Si diventa Fratelli di sangue. Dove regnano
l’indifferenza e l’omertà, la criminalità può organizzarsi e fiorire,
può espandersi, rafforzarsi e trasformarsi appunto in quella fonte
distruttiva che scardina dalle fondamenta i princîpi della convivenza
civile e della democrazia.
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Qui sono chiamate in causa le scuole di ogni
ordine e grado e nuovamente la fatica quotidiana, incessante e logorante
degli insegnanti. Fatica che molti misconoscono, non vedono e
sottovalutano; sono chiamati in causa gli studenti, i giovani, le
famiglie, la Chiesa. È chiamata in causa l’educazione. Tutta
l’educazione. Educare al principio della giustizia, educare alla
legalità, è un lavoro pedagogico, è un lavoro didattico. Il mio appello
accorato è rivolto, non a caso, anche e soprattutto ai docenti delle
scuole di ogni ordine e grado. So bene quanto siano sensibili i docenti
nelle scuole; so che l’educazione alla legalità è un tema forte nelle
scuole. Ed è un tema, colleghe e colleghi, che deve rimanere forte e
dobbiamo ulteriormente rafforzare.
Il lavoro straordinario, coraggioso di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso è un segnale forte, fortissimo che
noi dobbiamo accogliere, fare nostro e portare avanti nella lotta
all’illegalità, alla violenza, alla criminalità. Mi rivolgo anche
all’editore e amico Walter Pellegrini, sempre sensibile al tema delle
mafie e ‘ndranghete. Walter, abbiamo bisogno di lavori, di segnali del
genere se vogliamo portare avanti lo sviluppo culturale e quindi anche
politico ed economico nella nostra terra di Calabria.
L’analisi lucidissima della struttura criminale della ‘ndrangheta che
Gratteri e Nicaso ci offrono, dà a noi, dà alle scuole, dà a tutti la
possibilità di conoscere la vera portata criminale di questa
organizzazione. Con il lavoro di Gratteri e Nicaso, nessuno può più
dire, nessuno potrà in futuro dire: non sapevamo. Non sa chi non
vuol sapere. Conosciamo questo modo di sottrarsi alla responsabilità.
Nei campi di concentramento si distruggeva il popolo ebraico. A
sterminio avvenuto, molti hanno detto e dichiarato che non sapevano. La
‘ndrangheta distrugge il senso morale della politica, saccheggia
l’economia e il futuro dei nostri giovani. Chi ancora non sa, legga il
libro di Gratteri e Nicaso. Non venga poi a ripetere: non sapevo,
nessuno gli crederà.
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La
‘ndrangheta, anticipavo, non è un fenomeno legato a singoli casi di
criminalità, non è − come documentano Gratteri e Nicaso −
un’organizzazione stracciona e casereccia. La ‘ndrangheta è super
organizzata a livello nazionale ed internazionale. Ed è proprio perché
siamo dinanzi ad una super organizzata criminalità, le strutture e le
istituzioni hanno bisogno di una risposta forte. Si tratta, infatti, di
riportare le stesse istituzioni su un nuovo piano di legalità; si tratta
di riconquistare la legalità perduta. E in ciò noi tutti abbiamo bisogno
della presa di coscienza che il lavoro difficile, spesso quasi
impossibile della giustizia non può fare a meno del nostro contributo
personale e di ognuno di noi. Il problema è politico, sociale,
economico, ma anche culturale e, in ultima analisi, pedagogico. Il
problema è anche didattico: come impostare, cioè, il lavoro quotidiano
del come educare alla legalità? Come si può notare non è solo un compito
o il compito della giustizia in generale, delle forze dell’ordine o di
singoli magistrati, di singoli eroi in particolare. Si, permettetemi di
parlare di eroi; è il termine giusto, il termine vero; eroi che versano
il loro sangue, affinché non scorga il nostro sangue. Non possiamo
lasciare questi eroi della giustizia, soli. Senza il nostro contributo,
senza il contributo di tutti, avremo sempre più eroi, e un giorno solo
eroi, ovverosia: vedremo donne e uomini della giustizia e non solo
uomini e donne della giustizia, vedremo i nostri figli, i vostri figli
cadere massacrati dalla criminalità.
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Questa
sera abbiamo l’onore di avere fra di noi uno di questi eroi, il
sostituto Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Nicola
Gratteri, che ringrazio di cuore, come ringrazio di cuore personalmente,
anche come presidente del Centro Filosofico Internazionale Karl-Otto
Apel, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Roberto
Occhiuto e tutte le figure istituzionali, le forze dell’ordine, don
Giacomo Minervino (parroco di Acquappesa), i sindaci di Acquappesa e
Guardia, gli amici, le colleghe e i colleghi, nonché i ragazzi delle
scuole qui presenti al dibattito.
Nicola Gratteri, com’è stato detto, è
sostituto Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria. Gratteri non
è solo questo. Gratteri è uno dei magistrati tra i più esposti nella
lotta alla struttura criminale della ‘ndrangheta.
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Ora a
Fratelli di sangue
È un
libro di grandissimo spessore antropologico-culturale, sociologico. Un
libro direi unico per ricchezza di documentazione e rigore analitico; un
libro che dovrebbe diventare lettura obbligatoria in tutte le scuole, in
quanto ci porta, con una fittissima documentazione ed un’amplissima rete
d’informazioni, nei meandri della logica e della costituzione o meglio
costruzione e istituzionalizzazione, in altri termini: ci porta al cuore
della criminalità organizzata, che va sotto il nome di ‘ndrangheta.
Fratelli di sangue, questo il titolo del libro. Accennavo sopra al
sangue che le forze dell’ordine e singoli magistrati versano per
difendere il nostro sangue. Il paradosso vuole che Fratelli di sangue non sta allora per patto di amicizia, di affetto o di stima per l’altro
(non è il giuramento o il rituale dei Ragazzi di via Pàl di
Ferenc Molnàr), tutt’altro.
Mi sia consentito di citare un passo dai
rapporti giudiziari raccolti nell’illuminante Appendice al libro
che evidenzia, penso molto bene, la logica interna del rituale
‘ndranghetista:
“tra
gli affiliati…vi sono… dei particolari vincoli di sangue che vengono
celebrati tra due affiliati che sono legati da una profonda amicizia.
Questo rito avviene alla presenza del capo-bastone, il quale punge
l’indice destro dei due affiliati e, successivamente, li unisce in modo
che vi sia un ‘contatto di sangue ’ che, mescolandosi, va a cadere su
una delle immagini sacre che, successivamente, viene bruciata. Il
capo-bastone suggella questo vincolo con la sua presenza e con queste
parole: ‘Da questo momento siete fratelli, il sangue di ognuno di voi è
nell’altro, solo altro sangue o infamità possono sciogliere questo
vincolo”.
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Fratelli di sangue non è, ripeto, un
giuramento di amore in difesa dell’altro, dei più deboli o per la difesa
delle istituzioni o della giustizia, esso è invece un patto criminale e
ferreo contro la legalità. Il sangue che qui si versa, infatti, è un
sangue di complicità: un patto indissolubile, irreversibile, direi quasi
sacro, tra aspiranti ‘ndranghetisti, ‘ndranghetisti e futuri
‘ndranghetisti; un patto per uccidere. Da questo patto per la morte non
c’è via d’uscita, non c’è ritorno. Chi si lega a questo patto per la
morte entra in un tunnel del non ritorno, entra in un’organizzazione
dove valgono determinate e inviolabili regole: in base a queste regole,
non puoi rifiutarti di ammazzare a meno che non vuoi uscirne ammazzato.
Ancora un passo significativo che cito dai documenti in Appendice
al testo che confermano questo ferreo patto:
- “Siete a conoscenza delle nostre regole?
- Sono a conoscenza.
- Prima della famiglia, dei genitori, delle sorelle,
dei fratelli, viene l’interesse e l’onore della società, essa da questo
momento è la nostra famiglia e se commetterete infamità, sarete punito
con la morte. Come voi sarete fedele alla società, così la società sarà
fedele con voi e vi assisterà nel bisogno, questo giuramento può essere
infranto solo con la morte, siete disposto a questo? Lo giurate?
- Lo giuro nel nome dell’Arcangelo Gabriele e della
Sacra Corona dell’Onorata Società”.
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L’obiettivo della criminalità non è evidentemente un ammazzarsi
reciproco tra criminali. Si tratta invece di portare avanti un giro
d’affari che ruota intorno a miliardi di euro. Questo giro d’affari non
conosce leggi e non conta i morti che esso lascia lungo il suo percorso.
Ne sanno qualcosa quanti sono impegnati nella lotta alla ‘ndrangheta.
Ecco perché ho dato alla mia relazione il titolo Fratelli di sangue
- Sangue di fratelli. Ho invertito il titolo del libro per
portare alla luce un messaggio forte, intrinseco al libro di Gratteri e
Nicaso: non solo il sangue che versano questi criminali, ma il sangue
che sono costretti a versare soprattutto quelli che si oppongono e
lottano con forza ed efficacia contro la devastazione politica,
economica e culturale che la ‘ndrangheta produce.
Valgano
alcuni dati a dimostrare la gravità della struttura criminale che va
sotto il nome ‘ndrangheta, affinché (qui da noi in Calabria e non solo)
un giorno, appunto, non si dica: non sapevamo.
Il testo
di Gratteri e Nicaso porta alla luce che la ‘ndrangheta non solo ha un
giro d’affari intorno ai 36 miliardi di euro, ma che essa è anche
leader incontrastato nel traffico della cocaina dal Sud America
verso l’Europa. Il libro di Gratteri e Nicaso mostra che, da molto tempo
ormai, la ‘ndrangheta è l’organizzazione criminale in Italia più ricca e
la più inserita nell’economia nazionale; un’organizzazione che mantiene
forti infiltrazioni non solo in Europa, ma anche in Nord America, in Sud
America e in Australia. |
Come
sottolineano gli autori del libro, la ‘ndrangheta ha soppiantato Cosa
Nostra, si è insinuata nelle logge massoniche e nel sistema economico
corrompendo la politica più di quanto non sia riuscita a fare la mafia
siciliana. La ‘ndrangheta − sottolineano Gratteri e Nicaso – è
diventata una holding del crimine che gestisce tonnellate di
cocaina in tutto il mondo. Più di ogni altra organizzazione criminale,
la ‘ndrangheta si è rivelata e si rivela capace di adattarsi ai processi
di modernizzazione, alle tecnologie più avanzate; è riuscita a creare
intrecci con organizzazioni criminali straniere. Il malaffare va, non da
ultimo, dal traffico d’armi al traffico di materiale radioattivo.
Tutto
ciò com’è stato possibile, com’è possibile? Com’è stato e com’è
possibile che in uno Stato democratico, in uno Stato di diritto possa
nascere, crescere e rafforzarsi una struttura criminale così devastante
come la ‘ndrangheta; una struttura così forte e aggressiva da riuscire a
penetrare nelle istituzioni: pensate che dal 1995 al novembre del 2006,
in Calabria, sono stati sciolti 32 consigli comunali per infiltrazioni
mafiose! A queste ed altre domande si può rispondere con questo grande
lavoro che è oggetto qui di discussione: Fratelli di sangue. I
passi sistematici che emergono dal libro di Gratteri e Nicaso e sui
quali, penso, si basi tutta la struttura del libro sono tre:
-
l’analisi storica della struttura della ‘ndrangheta;
-
l’analisi sociologica della struttura della ‘ndrangheta;
-
l’analisi antropologico-culturale della struttura della ‘ndrangheta.
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Questi
tre passi non sono solo fondamentali per spiegarsi la struttura
devastante della criminalità organizzata che va sotto il nome di
‘ndrangheta, ma sono anche fondamentali per il lavoro pedagogico nelle
scuole. Si tratta in questo caso di tradurre le tre analisi in tre unità
didattiche (storia-struttura-cultura-di-fondo) e dispiegarle in un
progetto differenziato che tenga conto da un lato delle condizioni
socio-economiche, socio-politiche e culturali che hanno reso possibile
il sorgere, il costituirsi, il consolidarsi e l’espandersi di una
organizzazione criminale la cui portata, come dicevo sopra, è
travolgente o meglio sconvolgente, dall’altro di riflettere su cosa
possiamo e dobbiamo fare noi tutti, come singoli, come collettività,
come istituzioni, come forze dell’ordine, come giustizia in generale per
frenare, contrastare, e non scoraggiamoci: per combattere ed infine
sconfiggere l’illegalità, la violenza e la criminalità. Questo vogliamo
tutti noi, questo richiedono i nostri figli, le generazioni future.
Questo chiede e deve chiedere la società democratica, ogni società
democratica se democratica è. Questo chiede la Calabria, questo chiede
il calabrese onesto, responsabile, vero.
Nicola
Gratteri, grazie per l’illuminante lavoro, grazie per la Sua presenza
nel territorio di Acquappesa, grazie per la discussione che ci
permetterà di avviare con Lei in questa nostra terra di Calabria, tanto
bella ma tanto bisognosa di essere difesa e protetta dalla criminalità
organizzata e dalla invadente illegalità che grava sul futuro nostro e
su quello delle generazioni future.
Non
possiamo e non vogliamo consegnare ai nostri figli, alle generazioni
future, una Calabria della ‘ndrangheta.
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Prof. Dr. Phil. M.A. Michele Borrelli
Michele Borrelli, Fratelli di
sangue - Sangue di fratelli,
"Topologik.net", Collana di Studi Internazionali di
Scienze Filosofiche e Pedagogiche, ISSN 1828-5929,
Sezione "Studi Sociali", 16/06/2007, pp.1-10. |
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